Pagine di velluto. Storia di una rivista sui generis

di Virna Farinazzo
Studentessa di Culture e Tecniche della Moda

Esattamente sei anni fa nel reparto moda delle edicole italiane spunta una nuova “V”. Non si tratta della solita e tanto acclamata “V”.

Sapendo di doversi confrontare con testate dalla storia imponente, l’esordiente Velvet di Michela Gattermayer si mostra ai lettori come una vera e propria ventata di aria fresca (quale mese migliore se non Dicembre per l’uscita del primo numero!) tra il panorama delle più gloriose riviste femminili.

“Il brivido della novità ha facilitato le vendite all’inizio ma oggi possiamo vantare di un fidato gruppo di appassionati che ci rende fieri del nostro lavoro”, queste le parole della direttrice ospitata a Rimini lo scorso anno da Spazio ZoneModa per raccontare la storia del magazine. Molti degli studenti presenti all’evento hanno sottolineato come portare sottobraccio una rivista dal formato massiccio, più grande di quello dei solite riviste, non fosse affatto scomodo ma assolutamente cool. I primi 51 numeri sono stati un trionfo di dinamismo e vivacità con un layout decisamente accattivante e colori fluo ad accompagnare ogni rubrica.

La direttrice ha raccontato di come, nell’Agosto 2006, una telefonata sotto il sole l’avvisasse che la Repubblica l’avrebbe voluta a capo di una fresca ed originale testata che potesse competere con quelle già da tempo conosciute. L’obiettivo è stato senza dubbio colpito e affondato. Da Marzo 2011, però, Velvet ha dovuto uniformarsi al formato standard e da quel momento l’unicità del magazine si è dissolta. Anche gli articoli e le rubriche, pur rimanendo gli stessi, sembra abbiano perso quel fascino che elettrizzava i lettori. Recentissimo l’annuncio della chiusura a causa del calo delle vendite. Ci mancava solo questo! A chi ha collezionato Velvet dall’inizio non peserà affatto spolverare gli scaffali con i totali 73 numeri. Chi ha freneticamente aspettato l’uscita di ogni nuovo numero sarà eccitato al ricordo di quell’impaginazione bizzarra e suggestiva. Un finale che lascia l’amaro in bocca, certo, ma ricordare questa breve ma intensa avventura sarà sempre un piacere!