Del corpo e altri demoni

Spunti sull’arte di Anneè Oloffsson
di Susanna Bartolini, laureanda in Culture e Tecniche della Moda.

L’invecchiamento e la morte, per secoli intessuti nella coscienza sociale, oggi sembrano essere divenuti veri trauma-pensieri collettivi. Anneè Oloffsson, artista svedese nata nel 1966, ha condotto una ricognizione sul corpo che è prima di tutto biografica e genealogica; ma non è questo il caso di una sfogliatina all’album dei ricordi. L’artista ci mostra come la somiglianza fisiognomica con il volto dei nostri cari, sia anche la drammatica misura della nostra time-line, il ritratto della nostra vecchiaia dentro il quale non vorremmo mai guardare. Per farlo abbiamo bisogno di una terapia, Anneé Oloffsson ce ne offre una. Nelle sue fotografie e videoinstallazioni, i volti dei soggetti (spesso i suoi familiari) sono coperti con mani congiunte e chiome di capelli; corpi anziani impattano a corpi giovani (Heart Break) mentre una gamba raggrinzita è inghiottita dal nero totale (Re Mains). E così avanti, tra il padre e la madre, dentro la calma asfissiante di stanze casalinghe dove trapelano conversazioni private (#2: The Conversations) e nell’ombra nera della bambina-alter-ego (The shadow of Jaquline) riesumata dalla copertina perduta degli “Scorpions”. Recentemente giunto anche a Milano con la mostra “The face of all your fears”, il lavoro della Oloffsson compone una mappa traumatologica della memoria personale: insiste dove c’è il dolore, stanando i nostri trauma-pensieri e riconsegnandoci il corpo nella sua verità, qualunque essa sia.

http://www.anneeolofsson.com

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