Moda, Politica e Rivoluzione
di Michela Mandolini
Molte star di Hollywood si sono schierate a sostegno di Obama durante la sua campagna elettorale, indossando t-shirts con slogan a favore del presidente, utilizzate come mezzo di comunicazione per raccogliere consensi oltre ad esprimere un chiaro messaggio politico.
D’altronde non è la prima volta che moda e politica si vengono incontro. Durante la rivoluzione francese, a fine ‘700, la scelta di un certo modo di vestire assunse precisi significati politici: coccarde, calzoni (al posto delle culottes), marsine e il tricolore divennero gli elementi dell’abbigliamento rivoluzionario, portavoce di un sentimento di uguaglianza espresso attraverso la semplicità contrapposta al lusso della moda aristocratica, da sempre utilizzata, al contrario, come forte mezzo di distinzione sociale. Anche i giovani del 1968 assunsero un certo tipo di abbigliamento come espressione della loro protesta: “capelloni”, jeans, eskimo e maglioni a collo alto divennero emblema di una profonda rottura con la vecchia generazione, le autorità e la neonata società capitalistica dei consumi.
È quindi evidente, anche con pochi esempi, che esiste un forte legame tra moda e politica, moda e idee, e che la prima può essere considerata uno strumento di diffusione e condivisione di valori e non unicamente (e superficialmente) un modo di apparire. Rivestire il corpo non è solo una necessità fisica e primitiva, ma un vero e proprio linguaggio, fatto di simboli e significati che parlano alle masse forte e chiaro.
In foto Katy Perry, dal sito iodonna.it