Gattinoni: la televisione è di moda

Di Emanuela Barbapiccola – studente – Culture e Tecniche della Moda

Sulle note nostalgiche e fatali di Mina in “Ancora ancora ancora” sfilano immobili gli abiti tributo alla televisione italiana, un dono prezioso rivolto a quel gruppo di spettatori che nella Teche Rai ripongono, ancora oggi, ciò che le nuove generazioni affidano alle it-girl. Sogni, speranze, ambizioni, mode e immaginari di un’Italia totalmente ipnotizzata – a partire dagli anni del miracolo economico e da lì, via via crescendo – dal popolar tubo catodico.

Nel cuore storico di Modena, all’interno della Chiesa di San Carlo, sconsacrata al culto, ma consacrata alle arti, si è tenuta dal 1 al 23 marzo il couture on display, gentile courtesy Gattinoni. Breve genuflessione al tempio della moda e fuggente contatto con l’acqua santa della creatività, per gli studenti dell’istituto superiore Cattaneo Deledda di Modena, i quali hanno presentato le loro creazioni ispirate alla storica maison Gattinoni, accompagnate da dettagliati book che ne narrano storia e retroscena. Dalla dea Moda alla dea Televisione, un maxischermo racconta in retrospettiva la mostra, il concept e la bibliografia sartoriale di Gattinoni, nel suo ruolo cardine presso la corte Rai.

La nostra attenzione è stata subito sottratta da uno dei punti salienti dell’esposizione, in quanto meno da archivio Teche e molto più up to date: si trattava dell’abito indossato dalla chimicamente fulva Noemi, in occasione del 64° Festival della Canzone Italiana. Ma numerosi erano gli abiti-momento: quasi all’ordine del giorno, un completo giacca e pantalone, in pelle bianca, punta da milioni di spille, e i capi iconografici, omaggio alle donne di potere, indossati nel 2007 da Vanessa Hessler ed Emanuela Grimalda.

Come un bacio di Giuda – posto quasi casualmente, ma meditando, esattamente al centro – appariva la silhouette di velluto nera, sottolineata da un corpino a cuore e da uno strascico a contrasto in voile bianco, a tratti nero. Custodiva tutta l’essenza di Anita (nome che, difatti, potrebbe ispirare una fragranza) l’abito colosso de “La Dolce Vita” di Federico Fellini, indossato successivamente da Ela Weber nel 2006. Proseguendo il percorso espositivo, le pareti erano affrescate da altre meravigliose mise, munite di relative foto-ricordo: sfavillante, in freschissimo mint, la duplice creazione per le gemelle Kessler, mentre nero a pois bianchi – quasi a ricordarci la princesse line di Dior – l’abito indossato da Edy Campagnoli nel 1956, per “Lascia o raddoppia”, vera e propria trasmissione cult della televisione italiana degli anni Cinquanta.

Ad accoglierci nell’abside, infine, è stato il clericale omaggio a “La Grande Bellezza” sorrentina: dalle linee di paramento religioso, ma dalle sembianze di abiti da sera, sorvegliavano – o forse vegliavano – performanti creazioni dalle cupe nuance e dai tessuti accuratamente lavorati. Contraddicevano, al centro, in un bianco candido, una papessa – che sembra salutarci regalmente – e la sua complice madre badessa. A lato, se per un attimo ci fossimo dimenticati del dove e del quando, una delle creazioni in velluto nero scriveva, riportandoci in terra, “Gattinoni”.

Sourse: www.modenamoremio.it; Ph. Emanuela Barbapiccola