La moda e la città: Valentino e Roma, Armani e Milano

giorgioevalentino

Di Anna Dalla Vecchia – studente – Culture e Tecniche della Moda

 

Nel volume sociologico La moda e la città, Vanni Codeluppi e Mauro Ferraresi indagano lo stretto rapporto che da sempre lega le due parti, quindi il ruolo svolto da Parigi e Milano nello sviluppo della moda e quanto questa contribuisca al ‘consumo’ della città stessa, arrivando a modificarne gli aspetti architettonici e urbanistici. A tutto ciò potremmo inoltre aggiungere che la città rappresenta un grande serbatoio d’ispirazione per i creativi in genere in grado di influenzarne idee e visioni. All’interno del settore, possiamo distinguere due figure creative che appieno rispecchiano quanto detto: Valentino (1932) e Armani (1934), corrispettivamente legati a Roma e Milano.

Con una formazione da couturier, Valentino aprì il suo primo atelier in via Condotti nel 1959, debuttando poi a Palazzo Pitti nel 1962 e conquistandosi nel tempo il successo internazionale grazie al continuo sostegno di Giancarlo Giammetti. Il suo stile divenne un unicum, caratterizzato da pieghe impareggiabili, plissé intarsiati, raffinati temi animalier, riferimenti ricorrenti al mondo dell’arte e soprattutto da quella iconica sfumatura di rosso che ha preso il suo nome, “Rosso Valentino”. A testimoniare la sua stretta relazione con Roma non ci sono solo le origini della casa di moda, ma anche due importanti date della sua carriera: il 1991, quando organizzò a Roma presso l’Accademia Valentino di piazza Mignanelli e il Museo del Campidoglio la retrospettiva Valentino. Trent’anni di magia, e il 2007, quando l’Ara Pacis ospitò Valentino a Roma. 45 Years of Style, mostra celebrativa allestita prima di dire definitivamente addio alla direzione artistica della maison. A seguire, nel 2008 il documentario Valentino: The Last Emperor diretto da Matt Tyrnauer conferma di nuovo l’affetto romano dello stilista; il fashion film a tratti ricorda un tipico melodramma italiano: Valentino e Giancarlo si battibeccano come Sandra e Raimondo mentre ricordano il loro primo incontro e le storie vissute insieme, spesso accompagnati, non a caso, dalla colonna sonora di Nino Rota, la stessa del film felliniano La Dolce Vita, il quale ritorna anche visivamente in più scene della pellicola per narrare il cosiddetto fenomeno Hollywood sul Tevere.

Quasi in opposizione, il lavoro di Giorgio Armani – re del cross-dressing, della giacca decostruita e del completo pantalone per le nuove power woman anni Ottanta – s’inserisce perfettamente nel contesto metropolitano milanese. È qui infatti che muove i suoi primi passi, da vetrinista e buyer nel 1957 a stilista free-lance nel 1973, fino alla nascita della sua Giorgio Armani SPA due anni dopo. Made in Milan, un documentario poco noto che Martin Scorsese girò sullo stilista nel 1990, sembra vertere – sia visivamente che a livello di intreccio narrativo – sul forte nesso della moda Armani con la sua città di progettazione e creazione, attraverso un linguaggio cinematografico meno fashion, meno patinato, ma più tradizionale e biografico. Il rapporto Armani-Milano emerge in primis nei toni grigi e fumosi tipici del suo stile, nelle sue forme composte ed essenziali, nella sua moderna eleganza. Anche l’iconica giacca, resa informale, non impettita, diventa il primo specchio del territorio milanese – culla del business italiano e dei distretti made in Italy – poiché permetteva alle donne di muoversi con naturalezza nella città, conferendo loro rigore e autorevolezza.

In conclusione, possiamo affermare che la città e le sue componenti – dalle architetture ai servizi, dai luoghi di consumo ai ritmi cittadini – costituiscono quel milieu fondamentale che sostiene, potenzia ed evolve la creatività di ogni individuo, a maggior ragione se quell’individuo possiede la sensibilità di un grande creatore di moda.

 

Source: Gnoli S., Moda. Dalla nascita della haute couture a oggi, Roma, Carocci editore, 2012.

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