Ipse dixit – Isabella Santacroce
[…] guardo le vetrine di Papete, negozio mito pieno di cose costosamente proibite, facendomi prendere da un abito di Margiela veramente barbone e da certi occhiali di Alaia, di plastica rossa.
Dentro una signora sopra i cinquanta ben conservata dalla parlata ricco borghese con bassottino a pelo raso incollarato in velluto racconta viaggi esotici in pieno inverno lavorativo muovendo le labbra a cuoricino accuratamente adornate di rosso fuoco. Cinguetta con la commessa dalla chioma a zazzera e lo stivaletto di Prada fotografato su Vogue addosso a Carla Bruni. La bolognese si specchia vanitosamente atteggiando le red lips e ravviandosi i capelli simil cotone idrofilo. La commessa un po’ si annoia ma ride e accetta regali. Il vestito di Margiela e gli occhiali di Alaia si sono mangiati tutto il mio furto. La lady, dopo aver lumato il mio acquisto costoso, mi saluta simpaticamente complimentandosi per la scelta di gusto, avida del denaro ladrato al quarantenne mangia bimbe. Pago atteggiandomi ad annoiata figlia ribelle di papà più che danaroso masticando a bocca aperta una Big Babol che puzza di plastica.
Isabella Santacroce, “Fluo”, p. 22 (Feltrinelli, 2003)
Illustrazione di Kristian Hammerstad, illustratore norvegese che lavora e vive ad Oslo. La sua arte ha il gusto della provocazione così come i racconti della Santacroce. E’ un’esplosione di colori e di richiami a delle tematiche sociali di grande impatto, affrontate con un tono scanzonato e diabolico. Si danza tra la vita e la morte, tra ricchezza e povertà, consumismo e sete di potere, sfarzo vistoso e giochi di apparenze. Zombie, ribelli e modaioli mangiano dallo stesso piatto.
Martina De Nale