La Moda del Dandy – Omaggio a Luigi Ontani

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Foto e Social Networking di Chiara Marziani, Celeste  Priore [redazione SpazioZoneModa]

Backstage installazione 02/05/2012 Mattia Candiotti

Non lo nascondiamo, questa giornata di conversazioni d’autore sulla figura del Dandy è iniziata col fiato sospeso e una certa agitazione che ha contagiato studenti e relatori: tutti in attesa di Luigi Ontani, ospite d’onore della mattinata e interlocutore privilegiato nel racconto di una figura che, oggi, è del tutto sconfinata dalle sue descrizioni letterarie e si è “manifestata”, trasformando la lezione in una auto-ironica indagine antropologica del Dandy contemporaneo.

La dinamica degli interventi è stata impeccabile e, pur non avendolo programmato con precisione, Ontani ha fatto il suo ingresso proprio dopo l’introduzione alla fenomenologia del Dandy del Prof. Marco Bazzocchi, un contributo ideale per creare la giusta consapevolezza negli ascoltatori e anticipare alcuni degli indizi che ci permettono di individuare il Dandy anche al di là della sua consueta cornice storico-culturale. Perché, in effetti, il Dandy va scovato e riconosciuto, nella sua drammatica (e forse, come accenna Bazzocchi, anche un po’ tragica) relazione di amore/odio nei confronti della realtà. Bazzocchi lo definisce un “uomo della strada”, ma anche “della stanza”, costantemente in tensione tra il suo desiderio di isolamento e il forte impulso al fare mostra di sé. A mantenerne intatta l’identità, pur nel suo attraversare le epoche storiche e le varie culture (difficile ravvisare, per esempio, il profilo di un Dandy italiano se non in alcune personalità visionarie e raffinatissime come D’Annunzio) è l’avidità con la quale accostarsi alla vita e percepirne la bellezza in quegli oggetti e quei dettagli che, apparentemente, sono del tutto insignificanti. E, al di là dei testi più conosciuti che ci parlano del Dandy (prime fra tutte le dichiarazioni di Baudelaire), Bazzocchi porta un esempio inconsueto citando “Mio sodalizio con De Pisis” di Giovanni Comisso: siamo già nei primi decenni del ‘900, un po’ fuori dai confini temporali del Dandy ottocentesco, ma comunque pienamente immersi nell’atteggiamento del flâneur capace di investire qualunque cosa di un inaspettato valore estetico (persino un cartoccio di pesci al mercato). Un bel salto lo si fa anche nella riflessione sulla casa del Dandy, sul luogo dell’intimità e della ricerca, parlando di Hugh Hefner, fondatore di “Play Boy”, nella sua villa progettata per esplorare le dimensioni del piacere erotico tutte concentrate in un unico contenitore protetto. Ma, ormai, siamo in viaggio e i passaggi da un immaginario all’altro non ci disorientano, al contrario ci sono congeniali per poter prendere confidenza con questa figura e abbandonare qualsiasi giudizio di superficie o stereotipo. Questo primo percorso si conclude con la “Salò” di Pasolini, ispirata alle perversioni del controverso Marchese De Sade, un altro estremo da collocare nella nostra mappa di riferimenti trasversali alla ricerca dei tratti dominanti dell’”esemplare Dandy”.

Si lascia, dunque, la parola al Prof. Roberto Daolio, docente e critico d’arte, pronto a dare una sua personale visione della figura di Luigi Ontani, questo Dandy dell’arte contemporanea, che a questo punto fa il suo ingresso come vorrebbe la più classica commedia dell’arte: con una maschera che, più che nascondergli il viso, forse vuole giocare ad amplificarne ed estenderne i confini. Discreto e schivo, Ontani si spoglia del travestimento (un meccanismo che ci è familiare pensando alle sue performance) e con estrema naturalezza sorregge l’ingombrante maschera rosa acceso che terrà, per tutta la durata dell’intervento, accanto a sé. Già si è intuito qualcosa in più: forse parlare di travestimento non è appropriato; la disinvoltura con cui Ontani si è sempre servito degli strumenti congeniali alle proprie rappresentazioni rivela un profondo rapporto di prossimità con le cose, anche quelle più bizzarre, che rimangono, a quanto pare, il filtro per eccellenza anche per il Dandy di oggi. Daolio parla di Ontani come di un “facitore”, quasi un architetto del sé, che fa del corpo la sua dimora e, per questo, se ne appropria in ogni senso rendendolo il primo livello della sua comunicazione. Un recupero degli artigianati, di svariate forme di cultura popolare, di un presente denso di esperienze e stimoli che viene dilatato dalle visioni di Ontani, rendono questo artista un messaggero di quella che M. Augé ha definito “surmodernità” (dove tutto è portato all’eccesso, l’io in primis). Emerge un codice estetico e filosofico che a volte sconfina nel kitsch, che dà un’idea di cortocircuito e che è il modo che ha Ontani di “abitare le distanze” che percorre, per usare proprio le parole di Daolio. È lo stesso Ontani a confermarlo, definendo il suo viaggio nell’arte un “sentiero tra l’apprendimento e il divertimento”, assecondando l’immaginazione, da sempre protagonista assoluta nella sua vita e cercando instancabilmente quell’altrove che ognuno custodisce e che va ben oltre i riferimenti dati dalle mode o dai codici sociali assimilati. C’è, di fondo, un continuo bisogno di produrre e riprodurre, di essere cleptomani e copiatori, superando le ipocrisie e i facili giudizi di quella che Ontani definisce, con una buona dose di polemica, “globalità senza globuli”.

La moda si mette alla prova spesso con questi meccanismi di assimilazione e rielaborazione. L’abito, d’altra parte, è sempre stato anche per il Dandy uno degli “schermi” sui quali proiettare la propria inquietudine e la propria eccentricità. Ci sono figure che, nella storia della moda, hanno incarnato a pieno quello spirito contraddittorio ma al contempo straordinariamente creativo tipico del Dandy. Ce ne ha parlato Sofia Gnoli, scegliendo Walter Albini come esempio di “Dandy alla moda”. Albini, infatti, sia nelle sue esperienze di collaborazione con altri marchi (come Krizia) che nella sua storia di pioniere del prêt-à-porter, si è sempre dichiarato vicino a questo tipo di sensibilità (evidente nella sua smodata ammirazione per Coco Chanel, una delle poche che potremmo definire esempi di Dandy al femminile). Albini è icona di sé stesso, il più delle volte è al centro delle sue rappresentazioni ed è sempre stato convinto del fatto che non ci sia ormai più niente da scoprire nella moda e che, proprio per questo, la missione dello stilista sia “prendere dall’antico” e “raffinare il gusto”, una dichiarazione di poetica perfettamente in linea con i temi della nostra mattinata.

In conclusione, arrivano i feedback captati dalla matita di Giuseppe Scaraffia (autore di molti testi sull’argomento, tra i quali “Dizionario del Dandy”): Scaraffia, appunti alla mano presi durante gli interventi dei colleghi, ci dice di guardare Ontani (nel frattempo, sedutosi in prima fila nel pubblico) e, poco dopo, con sguardo ironico, suggerisce che è evidente, “il Dandy vuole essere riconosciuto solo da un occhio come il suo”. Ci invita a guardare il colore degli abiti, la cura nella scelta degli accessori (chi non aveva notato e invidiato le bellissime scarpe con le ghette?): Ontani ha scelto la strada dell’artificio per affermare sé stesso e questo non implica una connotazione negativa, bensì trasforma l’artista in uno “snob attivo” (per rubare le parole a Proust) che si costruisce in modo del tutto personale, attingendo spesso al passato, e prova una certa soddisfazione nel non essere capito da chi lo circonda. Dopotutto, come ci ricorda Scaraffia, il Dandy è pur sempre figlio di ciò che lo uccide: la società di massa. È sempre un passo avanti o un passo indietro rispetto al suo tempo, ma non scende mai a compromessi con esso. Forse nella società odierna non c’è molto spazio per lui e, forse, proprio per questo, i suoi silenzi diventeranno ancora più preziosi delle sue visioni critiche palesate. Sta di fatto che, in completa antitesi con la “naturalezza” di Rousseau o con la più banale e quotidiana retorica che fa della spontaneità il sinonimo forzato di autenticità, il Dandy rimane un sofisticato enigma da decifrare, paradossale e per questo affascinante, come lo è, citando Cocteau, “una bugia che dice la verità”.

Marianna Balducci [redazione SpazioZoneModa]

Università di Bologna / Polo di Rimini / Facoltà di Lettere e Filosofia / ZoneModa

Corso di laurea triennale in Culture e tecniche della Moda www.moda.unibo.it

Insegnamenti:
Estetica della moda / docente: Giovanni Matteucci
Letteratura italiana contemporanea / docente: Daniela Baroncini

 

Corso di laurea magistrale in Moda www.magistralemoda.unibo.it

Insegnamenti:
Fotografia e cultura visuale per la moda / docente: Federica Muzzarelli
Made in Italy
 / docente: Fabriano Fabbri

PROGRAMMA

ore 10.00 SALUTI
CARLA GIOVANNINI/Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna
GIOVANNI MATTEUCCI/Presidente del Corso di Laurea Triennale in Culture e Tecniche della Moda
FABRIANO FABBRI/Presidente Corso di Laurea Magistrale in Moda
ANNARITA DELLA PENNA/Assistente del Presidente del Vittoriale per le attività della Città di Pescara

ore 10.15 INTRODUZIONE
DANIELA BARONCINI e FEDERICA MUZZARELLI/curatori

ore 10.30 INTERVENTI
MARCO BAZZOCCHI (Università di Bologna)
_ il rovesciamento del Dandy da d’Annunzio a Pasolini

ore 11.00
SOFIA GNOLI (Università La Sapienza di Roma)
_ un Dandy alla moda: Walter Albini

ore 11.30
ROBERTO DAOLIO (Accademia di Belle Arti di Bologna)
_ LUIGI ONTANI/dindondanDandy

ore 12.00
GIUSEPPE SCARAFFIA (Università La Sapienza di Roma)
_ gli ultimi Dandies

 

ZoneModa spaziozonemoda.wordpress.com
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Per il ciclo di conferenze

Made in Italy 2011-2012
Rimini, Giovedì 24 Novembre 2011, ore 10.00

Presso la sede universitaria Valgimigli, via Santa Chiara 40, aula 2

 

La Moda del Dandy – Omaggio a Luigi Ontani

Giornata di studi a cura di Daniela Baroncini e Federica Muzzarelli

L’incontro è aperto al pubblico.

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Locandina_Dandy web di Ilaria Picardi [redazione SpazioZoneModa]